Nelle nostre attività di consulenza per Industria 4.0 / Transizione 4.0 molto spesso i quesiti che ci vengono posti o le situazioni da chiarire vertono su tematiche di natura fiscale inerenti ai beni oggetto di investimenti.
Non sempre siamo in grado di dare una risposta direttamente, vista la complessità della materia, pertanto, collaboriamo con chi nel settore può affiancarci con la sua competenza.
A questo proposito riportiamo di seguito un articolo scritto insieme allo studio FCB Associati (Fantini Cosatti Braidotti, con sede in via Mentana 10 a Udine) http://www.fcbassociati.com/.
Tratteremo una domanda che ci è stata posta recentemente.
Il caso di studio
Un cliente ha acquistato nel 2021 il Bene #1, “4.0”, regolarmente periziato, a € 75.000 (imponibile).
Poiché le sue esigenze sono aumentate, necessita ora di bene analogo (Bene #2) dotato di requisiti “4.0”, ma con prestazioni più elevate, per un importo di € 100.000 (imponibile).
Ci chiede se:
- sia possibile la sostituzione del Bene #1 con il Bene #2;
- si configuri la perdita dell’agevolazione sul Bene #1;
- se l’agevolazione sul Bene #1sia recuperabile con l’agevolazione del Bene #2 e in quale misura.
Teniamo conto che
- Nel 2021 il CDI era al 50%, per cui l’agevolazione su € 75.000 risulta essere € 37.500 (€ 12.500 all’anno per 3 anni)
- Nel 2022 il CDI al 40% su € 100.000 darebbe diritto a € 40.000,00 di agevolazione in tre anni.
Ci troviamo di fronte a due trattamenti fiscali leggermente diversi.
Pertanto, alcuni possibili dubbi possono essere, ad esempio:
- Il cliente userebbe € 22.500 del nuovo acquisto del 2022 per compensare le quote del Bene #1 del 2021 e si perderebbe l’eccedenza di € 40.000 – € 22.500 = € 17.500?
oppure
- Perderebbe i € 22.500 residui del 2021 e dovrebbe utilizzare invece i € 40.000 di CDI del Bene #2 del 2022?
Ci siamo rivolti pertanto a FCB Associati per una delucidazione su questa domanda, molto interessante, ma al tempo stesso piuttosto complessa per i risvolti fiscali che sottende.
Riportiamo la risposta dei dottori Simone Braidotti e Walter Bormolini:
La risposta di FCB Associati
Va preliminarmente osservato che i crediti d’imposta concessi nell’ambito di investimenti in beni strumentali (4.0 e non 4.0), altro non sono che la “trasformazione” del beneficio, per investimenti sostanzialmente analoghi, accordato da precedenti disposizioni normative in forma di maggiorazione del costo rilevante agli effetti delle quote di ammortamento deducibili. Ciò detto, la regolamentazione di detti crediti è in larga parte mutuata dalle disposizioni a suo tempo dettate per super e iper-ammortamento.
Per quanto concerne il caso in esame, nel rispetto di specifiche condizioni, la possibilità di sostituire il bene senza perdere il diritto all’utilizzo del credito d’imposta residuo è oggetto di una specifica previsione normativa (art. 1 comma 35 L. 205/2017 [1]) ed esplicitamente richiamata anche dall’Agenzia delle Entrate nei suoi documenti di prassi (circ. 9/E/2021, pag. 48). Tuttavia, né il Legislatore né l’Agenzia si sono espressi sul corretto comportamento nel caso in cui il nuovo investimento (sostituivo) abbia un valore superiore all’investimento originario, la sostituzione avvenga in un esercizio in cui il bene neo-acquisito può essere oggetto di autonomo credito d’imposta e l’aliquota del credito d’imposta sia diversa da quella originariamente prevista.
L’unico caso esplicitamente contemplato è l’ipotesi inversa, ovvero quando l’investimento sostitutivo sia di valore inferiore, vedi infra.
La risposta al quesito esposto è quindi da ricercare nella ratio della disciplina (di favore) per la sostituzione di un bene agevolato prima del trascorrere del periodo di monitoraggio.
In tal senso, l’art. 1, comma 184, L. 160/2019 afferma che: “Al fine di sostenere più efficacemente il processo di transizione digitale delle imprese, la spesa privata in ricerca e sviluppo e in innovazione tecnologica, anche nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale, e l’accrescimento delle competenze nelle materie connesse alle tecnologie abilitanti il processo di transizione tecnologica e digitale, nonché di razionalizzare e stabilizzare il quadro agevolativo di riferimento in un orizzonte temporale pluriennale, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, è ridefinita la disciplina degli incentivi fiscali previsti dal Piano nazionale Impresa 4.0”.
Nel caso in oggetto, quanto espresso riverbera i suoi effetti sotto un duplice profilo:
- in primo luogo, va attribuita rilevanza al contribuente che si è tempestivamente attivato per favorire la transizione digitale della propria impresa con il primo investimento,
- in secondo luogo, va dato opportuno valore al fatto che il medesimo contribuente ha successivamente migliorato l’investimento a suo tempo effettuato, tra l’altro con l’esborso di ulteriori risorse finanziarie.
A ciò si aggiunga che l’art. 1 comma 36 della legge 205/2017 tutela il beneficio acquisito dal contribuente anche laddove l’investimento migliorativo sia di valore inferiore rispetto all’investimento iniziale [2].
In ragione del quadro normativo delineato, si ritiene che il soggetto che operi la sostituzione di un bene agevolato con altro bene di valore superiore – in un periodo d’imposta in cui i nuovi investimenti godono ancora della possibilità di fruire del credito d’imposta – possa operare come segue:
- utilizzare le quote residue del credito generato con il primo investimento, ovverosia:
- Euro 10.000 nell’esercizio 2022
- Euro 12.500 nell’esercizio 2023;
- beneficiare del credito d’imposta del 40% per la componente incrementativa dell’investimento ovvero, per euro 10.000 (40% di 100.000-75.000).
Sulle modalità di utilizzo del credito d’imposta “incrementale”, si ritiene che possano applicarsi le specifiche previsioni vigenti al momento della sostituzione.
In questo caso il nostro parere è che il credito spettante per la componente incrementativa vada trattato come se derivasse da un investimento del 2022, quindi, a norma del comma 1059 della Legge 178/2020, pertanto l’utilizzo del credito spetta in tre quote annuali a partire dall’anno di interconnessione del bene (2022).
In assenza di qualunque previsione normativa, non si può escludere che l’Agenzia delle Entrate adotti interpretazioni differenti e sarebbe, quindi, opportuno che la stessa Agenzia delle Entrate si esprima con un chiarimento ufficiale (spec. in riferimento alle modalità di utilizzo del “nuovo” credito) per evitare incertezze nei contribuenti che, adottando un comportamento virtuoso, abbiano provveduto non solo a sostituire un bene tecnologicamente avanzato, ma lo abbiano fatto con altro bene di categoria anche superiore.
A nostro parere il credito spettante per la componente incrementativa va trattato come se derivasse da un investimento del 2022, quindi, a norma del comma 1059 della l 178/2020, l’utilizzo del credito spetta in tre quote annuali a partire dall’anno di interconnessione del bene (2022).
Note
[1] Ai soli effetti della disciplina di cui al comma 30 e di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo si verifica il realizzo a titolo oneroso del bene oggetto dell’agevolazione, non viene meno la fruizione delle residue quote del beneficio, così come originariamente determinate, a condizione che, nello stesso periodo d’imposta del realizzo, l’impresa:
- sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla legge 11 dicembre 2016, n. 232;
- attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione secondo le regole previste dall’articolo 1, comma 11, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
[2] “Nel caso in cui il costo di acquisizione dell’investimento sostitutivo di cui al comma 35 sia inferiore al costo di acquisizione del bene sostituito e sempre che ricorrano le altre condizioni previste alle lettere a) e b) del comma 35, la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue fino a concorrenza del costo del nuovo investimento.”
Conclusioni
Gli investimenti in Industria 4.0 / Transizione 4.0 coinvolgono diversi aspetti: tecnici, fiscali, organizzativi, operativi; questi devono venire debitamente analizzati e approfonditi, possibilmente prima di dare il via all’investimento, in modo da minimizzare le problematiche che potrebbero emergere e massimizzare invece il rendimento in termini di maggiore competitività, incremento della marginalità e fruizione dei benefici fiscali correlati.
Per questo, da parte nostra e insieme ai nostri partner, siamo a Vostra disposizione per attività di consulenza su Industria 4.0, analisi degli investimenti, valutazione del grado di maturità digitale dell’azienda.
Ringraziamo ancora lo Studio FCB per la collaborazione nell’analisi di questa casistica, riportandovi i loro riferimenti per eventuali contatti:
FCB Associati – Fantini Cosatti Braidotti
Sede in via Mentana 10, Udine – 0432 297427
studio@fcbassociati.com
Tra i nostri servizi forniamo la consulenza per:
- Valutazione preventiva degli investimenti per l’applicabilità dell’agevolazione;
- Interlocuzione tecnica con le società esterne fornitrici dei beni e dei servizi;
- Definizione di un percorso di sviluppo per creare il corretto ambiente di fabbrica per la fruizione dei benefici aggiuntivi a quelli destinati esclusivamente ai beni strumentali (es. integrazioni software; Formazione 4.0);
- Redazione di Perizia (Asseverata o Giurata);
- Redazione di Analisi tecnica;
- Supporto per la redazione della Comunicazione al MISE (per fini statistici) degli investimenti effettuati (dalla Legge 160/19 in poi)
- Valutazione del mantenimento dei requisiti per beni già periziati (“Audit 4.0”).
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